sabato 15 agosto 2015

Scegli sempre il cammino che sembra il migliore anche se sembra il più difficile. (Pitagora)

La realtà è spesso tanto ardua e complicata, difficile da affrontare e vincere.
Il nostro cervello, tuttavia, è in grado di organizzare la migliore strategia processuale per affrontare sereni e determinati qualsiasi sfida ci venga imposta giorno dopo giorno: ma quante soluzioni è in grado di creare? Se qualcosa va storto nel piano iniziale, è facile per i nostri intricati circuiti neurali dare vita ad un piano B oppure implica un dispendio energetico così elevato che richiede tempo e sforzi esagerati?
Ecco che un pool di ricercatori, coordinati da Carlo Reverberi, ricercatore del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca (orgoglio personale), insieme a un team di studiosi della Princeton University, dell’Humboldt University e del Bernstein Center for Computational Neuroscience di Berlino ha trovato la risposta a tali quesiti con una ricerca apparsa sulla rivista Neuron, nell'edizione dell'aprile scorso in cui si va esplorando il processo attraverso il quale le persone, durante l’esecuzione di un compito, decidono autonomamente e senza suggerimenti di cambiare la strategia di esecuzione.
La ricerca rivela che il famigerato piano B nasce in una regione precisa del cervello, la corteccia prefrontale mediale, quando siamo ancora concentrati su un’altra strategia, già alcuni minuti prima che il cambio di piano avvenga davvero.
Fasi dello studio
Gli autori hanno studiato cosa accade nel nostro cervello nelle fasi antecedenti e successive alla scoperta di una nuova strategia. Sono stati coinvolti 36 volontari ai quali è stato richiesto di partecipare a un “gioco”, mentre l’attività del loro cervello era monitorata con risonanza magnetica funzionale.
I volontari dovevano rapidamente determinare la posizione di una nuvola di quadratini colorati che compariva su di uno schermo. Dovevano quindi comunicare la posizione della nuvola premendo il pulsante di sinistra se questa era più vicina agli angoli superiore destro o inferiore sinistro dello schermo, mentre dovevano premere il pulsante di destra se la nuvola compariva in uno degli altri due angoli.
Dopo circa dieci minuti dall’inizio del compito e all’insaputa dei volontari, i ricercatori inserivano una semplice associazione tra il colore della nuvola e la risposta corretta: se la nuvola era rossa, andava premuto il pulsante destro; se era verde il pulsante sinistro.
Questa nuova associazione, se notata, poteva permettere ai partecipanti di cambiare strategia sfruttando il colore al posto della posizione. Questo permetteva di risolvere il gioco in modo più semplice: il colore della nuvola di quadratini era infatti più facile da determinare rispetto alla sua posizione.
Risultato della ricerca.
Dopo un’ora di gioco, solo il 31 per cento dei partecipanti ha individuato e sfruttato l’associazione fra colore e risposta, mentre gli altri hanno continuato a rispondere usando la posizione. I ricercatori hanno scoperto che solo nei volontari che avrebbero poi cambiato strategia, la corteccia prefrontale mediale teneva traccia del colore dello stimolo. Non solo, i ricercatori hanno anche scoperto che quella regione cerebrale cominciava a tener traccia del colore dello stimolo alcuni minuti prima che i volontari effettivamente cambiassero strategia.
Questo segnale era così affidabile che i ricercatori hanno dimostrato come fosse possibile prevedere se uno specifico volontario avrebbe cambiato strategia o meno prima che ciò avvenisse effettivamente.
Lo studio ha quindi messo in rilievo la capacità del cervello di bilanciare al contempo due necessità: da un lato la necessità di focalizzare le nostre risorse sulla strategia corrente ignorando tutta l’informazione non rilevante, dall’altro l’opportunità di lasciare una porta aperta a nuove possibilità ancora ignote.
''Per portare a termine un lavoro – dichiara Carlo Reverberi - spesso focalizziamo al massimo la nostra attenzione su quanto stiamo facendo. In questo modo il nostro cervello tenta di filtrare la grande quantità di informazioni da cui siamo sempre circondati, dedicandosi all’elaborazione di ciò che riteniamo importante.
Ma filtrare troppo talvolta può anche produrre la perdita di informazioni preziose''.
''Questi risultati – aggiunge Reverberi – sono importanti per comprendere meglio il ruolo della corteccia prefrontale mediale nella cascata di eventi che portano a un cambio di strategia e, più in generale, a comprendere meglio il ruolo della corteccia prefrontale nel pensiero umano. I nostri risultati suggeriscono che questa regione simuli in background la strategia alternativa per valutarne l’appropriatezza, mentre il comportamento visibile è ancora determinato dalla strategia corrente''.
Ancora una volta, il cervello dimostra tutto il suo fascino in un'applicazione funzionale della quale siamo assolutamente inconsapevoli: in modo automatico infatti il piano B viene prodotto e rimane lì, pronto per essere sfruttato e usufruito al meglio.
Nasce così un forte collegamento con la filosofia, amorevole compagna di viaggio dei nostri giorni. La facoltà cerebrale di adottare  meccanismi di strategica scelta, differenti e modulabili secondo il contesto, non fanno altro che manifestare una grandiosa qualità del nostro essere: la capacità, cioè, di definirsi attraverso le proprie scelte. Ricalcando le orme che un gigante come S.Kierkegaard ha lasciato sul lastricato sentiero della storia, possiamo infatti definire l'identità di uomo nella sua scelta: quanto singolo, in quanto individuo, l'uomo diventa ciò che è come conseguenza delle sue scelte. Non esistono regole morali, è l'individuo che crea del tutto liberamente la sua etica ed è responsabile delle sue libere scelte e delle sue azioni. L'individuo non può, del resto, fare a meno di compiere scelte, perché anche non scegliere, nella concreta situazione dell'esistenza, è in realtà una scelta. Nonostante il filosofo danese trovi poi nel sentimento dell'angoscia il contrappasso a questa libertà, ritengo sia più utile godere della meravigliosa possibilità che ci è stata concessa e che viene magistralmente attuata dal nostro cervello.

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