martedì 14 aprile 2020

Homo sum

Ho dei ricordi appannati quando si parla di liceo. 
La solita strada con il pullman di linea ripetuta allo sfinimento, le stesse facce addormentate la mattina alle 7.23, gli stessi banchi scarabocchiati, le nere lavagne ricolme di calcoli che a ripensarci altro che fifa per gli esami dell’università, infiniti e monotoni pomeriggi a ripetere Kant o la rivoluzione industriale, giusto il legame iniziato con lei ha rischiarato un po' il tutto…
Ma per il resto.
Freddo.
Uniforme. 
Una rara eccezione è se penso a quelle lezioni di letteratura o di filosofia che tanto mi riscuotevano da un laido torpore. 
E indovinate un po'? Ieri, al termine della mia prima visita domiciliare in solitaria durante il turno di guardia medica, mi è ritornato prepotente un ritornello che avevo letteralmente adorato allora e che forse è stato uno dei motti che più mi ha accompagnato durante gli ultimi sei anni di studi.
Era sempre lì, come il migliore dei memorandum, come il più efficace dei promemoria che tanto mi richiamava alla mente il motivo per cui avevo iniziato dagli alcani in chimica per passare alla triade di Charcot o al meccanismo d’azione dei macrolidi.

Homo sum, humani nihil a me alienum puto 
(Publio Terenzio Afro - Heautontimorùmenos v. 77 - 165 a.C.)

Letteralmente suona come «Sono un essere umano, niente di ciò ch'è umano ritengo estraneo a me», anche se io preferisco la versione più fruibile «Nulla che sia umano mi è estraneo».

Quale sarà mai la necessità di scomodare un autore latino per far si che la giornata di ieri assuma un sapore più vero, un ricordo più autentico?
Come far quadrare il cerchio con alcune parole di una lingua morta con una fiala intramuscolo di furosemide?

È semplice. Quasi automatico.
Quasi come se quella frase rappresentasse alla perfezione il pezzo in grado di completare finalmente il puzzle della medicina, quella genuina.
Forse ingenua ma anche per questo, la più vera.

Ieri, in quella stramba Pasquetta senza grigliate né pic-nic, avevo il turno in guardia medica. Questa volta toccava a me fare da centralinista, occuparmi cioè della stragrande maggioranza delle telefonate e delle eventuali visite domiciliari mentre due altri miei colleghi si occupavano delle visite ambulatoriali. 
Tra un consiglio telefonico e l’altro ricevo nella tarda mattinata, una chiamata di un 50enne in apprensione per l’anziana madre diabetica e ipertesa, che dalla mattina presentava valori pressori al di sopra della norma, oscillava tra i 175/85 e i 185/90, senza però mostrare alcun segno o sintomo di disorientamento s/t, precordialgia o simile.
Aveva già assunto dopo colazione la solita terapia antipertensiva con bisoprololo 1,25 mg e la palpabile preoccupazione del figlio si traduceva in una richiesta di aiuto; non avendo altri farmaci da poter utilizzare ho consigliato la somministrazione di mezza compressa di B-bloccante con l’impegno di risentirci nel pomeriggio per valutare eventuali novità. 
Potete immaginare che da quella chiamata sono rimasto con i nervi a fior di pelle per le ore successive: molti pazienti con ipertensione severa sono asintomatici e non hanno compromissione d’organo, si potrebbe avere una moderata cefalea di accompagnamento. Tuttavia l’esame obiettivo del paziente con crisi ipertensiva si dovrebbe fare sempre per escludere la presenza di diverse condizioni patologiche tutt’altro che secondarie come traumi o lesioni craniche, delirio, convulsioni, disturbi della vista o segni focali suggestivi per stroke; ricercare nausea e vomito nell’eventualità di un’ipertensione endocranica; dolore o peso toracico nel sospetto di IMA o dissezione aortica; la presenza di dispnea nel caso di una TEP.
Perché se fosse presente anche uno solo dei precedenti, il paziente ha una emergenza ipertensiva e va gestito a livello ospedaliero, nel reparto dedicato di emergenza con monitoraggio costante della pressione, farmaci endovena e gestione dei danni d’organo.
Insomma non proprio così scontato.
Proprio per niente!

Mentre cercavo di trovare una linea d’azione nell’attesa di quella fatidica chiamata mentre cercavo di gestire casi di ripresa di allergie stagionali, di febbricole e anosmie da sospetta infezione da SARS-Cov-2, il tempo trascorreva più lento di quanto mi aspettassi e la chiamata tardava ad arrivare.
Ed ecco alle 16:04 squillare il telefono per l’ennesima volta in quella giornata: ‘Dottore, si salve sono quello di prima della mamma con la pressione alta, ecco la mamma sta bene eh ma ora la macchinetta segna 195/95, mi sembra un po' altina, ma la mamma sta benissimo’.
Eh, un po' altina…altro che altina!!

Premetto che prima dell’emergenza pandemica attuale, la guardia medica non si faceva problemi a uscire ad andare a visitare ai domiciliari il paziente. Ora tuttavia abbiamo ricevuto dall’alto delle direttive per cui sarebbe altamente sconsigliato, o se proprio necessario, approcciarsi con tutti i DPI necessari. 
Chiaro è che in una situazione del genere non c’è tanto da riflettere oltre.
Prendo l’indirizzo, recupero la tuta monouso, mascherina, un bel po' di guanti e guardo nella farmacia della sede cosa potrebbe venirmi in aiuto in questa situazione. 
Meno male avevo letto quel manuale delle giovani marmotte e mi ero soffermato anche sulla gestione delle crisi ipertensive, aspetta però, cosa diceva?
Vuoto.
Buio totale.
Avete presente quella sensazione disagevole prima degli esami per cui sembra di aver dimenticato tutto?
Ecco era cosi. Peccato che stavolta non potevo eventualmente ritirarmi e farlo all’appello dopo se non fossi riuscito a vincere l’ansia. 
Respira Sergio.
Ricordati perché sei qui, ricordati perché lo fai…
Nulla che sia umano mi è estraneo..

È come una molla, una vocina della coscienza che altro non fa se non permetterti di raccimolare le informazioni che da qualche parte sono sotterrate ed utilizzarle in questo frangente.

Nifedipina gocce sublinguale. No no, fuori dalle linee guida da un po'.
Captopril 25mg sublinguale: ottima scelta! Solo se ne avessimo a disposizione qui in sede.
Ah già: furosemide 20 mg in fiale da somministrare endovena o intramuscolo. Eccole lì!
Si, direi che queste potrebbero essere la giusta soluzione.

Riempio rapidamente la mia borsa di tutto il necessario e via, imposto Google Maps e si parte!
Le strade sono vuote (fortunatamente!) e in poco meno di 10 minuti mi infilo in una viuzza tra campi di girasole e distese verdi: i paesi della mia provincia nella loro semplice maestosità sono ossigeno puro per l’anima.
Il sole è caldo. Sembra un pomeriggio estivo. 
Tuttavia è meglio bardarsi da capo a piedi con la tuta protettiva, non sai mai se i membri della famiglia sono entrati in contatto con casi sospetti. 
Ed eccola lì: tutta la famiglia riunita al portone d’ingresso ad attendermi. Gli occhi dei numerosi nipoti, spaventati poichè l’arzilla nonna non sembra essere la solita, gli occhi dei figli in sincera apprensione, preoccupati maggiormente della comparsa improvvisa di quei numeri maledetti che per la patologia in sé.
Ci guardiamo. E lì non servono parole: si crea una connessione silenziosa, proverò a fare tutto quello che è nelle mie forze.
Salgo le scale e mi ritrovo scaraventato nella tipica dimora dell’anziano bergamasco, costellata di ricordi con le mura che trasudano antichi sentimenti e risate sincere e pianti autentici.
Mi accompagnano nella camera da letto e ecco lì la mia primissima paziente. 
Tra qualche parola in dialetto e una rassicurazione in finto medichese, visito la signora da capo a piedi.
Sono terrorizzato: non è il tirocinio, dopo non arriva lo strutturato o lo specializzando di turno a fare il controgiro.
Sono da solo in quella camera.
Io e la signora B.
Mentre cerco di non tremare troppo, cerco di scandagliare qualsiasi eventuale anormalità organica che possa rendersi manifesta dal mio esame obiettivo.
Di fatto la signora sembra davvero non avere nulla di patologico tranne che alle diverse misurazioni della PA in cui i valori non scendono sotto i 185/90. 
Senza pensarci troppo ragguaglio la famiglia intera e decido di farle un’iniezione intramuscolo di furosemide, il capostipite dei diuretici che sicuramente avrebbe alleviato nell’immediato quella situazione.

Disinfetto. Preparo la siringa.
Tremo.
Calma, respira.
Va tutto bene.
Facciamo sparire le bolle nella siringa e via.

Fatto, tutto qui?
Si, forse non è l’iniezione in sé quanto piuttosto il significato della mia presenza lì.
Anzi, sicuramente è per quello.
Ora a mente più lucida posso confermarvelo.

Faccio ancora qualche chiacchera con l’anziana signora. I suoi stanchi occhi sono di un verde penetrante, mi cercano e mi sciolgono l’anima: ’Grazie signor dottore per essersi disturbato’ (chiaramente nel mio adorato bergamasco). Quelle donne fiere di un tempo andato che non si sprecano in parole vane ma che con sei parole traducono appieno il perché di tutto.
Il senso più autentico di ogni cosa.
 
Vado quindi nel salotto per redigere dei documenti e nel mentre cerco di spiegare ai figli la necessità di tenere controllato che la mamma assuma regolarmente la terapia e affidarsi quindi al curante per ricercare il perché di questi eventi con indagini approfondite.
Sapete, noi bergamaschi siamo spesso un popolo che si contraddice per il duro lavoro, poche parole; talvolta freddo e burbero, siamo in realtà radicati con profondità e riconoscenza alla nostra terra e al senso più autentico della famiglia.
In quei momenti passati in quella casa di campagna a cercare di spiegare il significato della pressione alta e di come sia necessario un controllo attento nonostante i non evidenti danni che la patologia possa provocare nell’immediato, è come se una parte della mia mente avesse ripercorso in contemporanea gli ultimi anni passati a studiare e con una cantilena come sottofondo.

Homo sum, humani nihil a me alienum puto 

È come se tutto avesse un compimento e un inizio in questa stramba Pasquetta senza grigliate né pic-nic, in questa isolata casetta di provincia.
Una quadratura del cerchio con la mia prima paziente in visita domicilare.
Con una fialetta di lasix in mano e gli occhi ricolmi di umana gratitudine per il solo significato del poter dare.
Dare è tutto.
Essere umani è qualcosa di inarrivabile.