Il nostro cervello ben interpreta questa particolare condizione secondo la quale esso si impone specifici e continui mutamenti secondo le esigenze funzionali imposte dall'ambiente. Sto parlando della peculiare attività di neuroplasticità. Potrebbe essere definita come l'attività cerebrale che modifica la struttura e modula le numerose connessioni sinaptiche sia durante il normale sviluppo fisiologico della persona sia per riadattare il cervello a insulti traumatici importanti. Procediamo ad analizzare le modifiche quotidiane appartenenti ad un ambito fisiologico.
Il cervello infatti dimostra la capacità di neuromodulare la sua costituzione in due momenti specifici della nostra giornata: mentre studiamo o impariamo nuovi concetti e durante è attivo il processo di apprendimento motorio. La facoltà di apprendere è dovuta principalmente a un rinforzo delle connessioni sinaptiche attraverso un processo noto agli esperti in materia come Long Term Potentiation (LTP per gli amici). E' un complesso meccanismo che, articolandosi in tre diverse fasi, permette a molteplici sinapsi di aumentare il loro grado di funzionamento attraverso un iniziale aumento d'intensità della scarica depolarizzante (con conseguente maggior rilascio di neurotrasmettitore eccitatorio), una conseguente espressione dell'evento a livello pre e postsinaptico e un finale mantenimento del rinforzo di connessione tramite una modifica parziale del contenuto proteico delle strutture di comunicazione. Si tratta perciò di una forma di plasticità sinaptica a
lungo termine a cui il cervello è sottoposto durante i processi di apprendimento informazionale, in poche parole: è grazie a questo specifico modello funzionale di rinforzo sinaptico che siamo in grado di memorizzare una quantità enorme di informazioni per superare un ostico esame. Chiaro è che questo meccanismo non si concreta di continuo, ma solo al bisogno, altrimenti alto sarebbe il rischio di sovraccarico elettrochimico e conseguente malfunzionamento delle connessioni.
Simile è il Long Term Depression (LTD). Anch'esso si articola come meccanismo di plasticità sinaptica che entra in gioco nel cervelletto quando, attraverso l'attivazione sincrona di due famiglie di fibre neuronali (parallele e rampicanti) che normalmente non avviene, viene inviato un segnale di errore al nuclei cerebellari profondi deputati al controllo del movimento; eccitati a dismisura da questa attivazione elettrica, inviano un segnale al midollo e quindi ai muscoli per correggere il movimento, mettendo così a memoria quel pattern motorio che non garantiva il raggiungimento di un certo obiettivo funzionale. Tipico è l'esempio del bimbo che impara a camminare: la prima volta che si alza e cerca di fare un passo, cade rovinosamente; tuttavia il suo cervelletto ha immagazzinato le informazioni che possono evitare di farlo cadere alla prossima occasione. Infatti il nostro cervelletto agisce attraverso tentativi ed errori.
Un altro esempio, che dimostra come il nostro cervello si possa adattare alle esigenze esterne modificando determinati pathway neurali, è il meccanismo dell'abitudine. Quasi come un'assuefazione a certi stimoli, l'abitudine si concreta nel non percepire determinate sensazioni quando si è sottoposti a certi stimoli. La spiegazione di tale evento, ancora una volta, è da ricercare nella neuroplasticità. Infatti se presupponiamo che la normale trasmissione delle informazioni nervose richiede la presenza di ione calcio che stimola il rilascio di un certo neurotrasmettitore che codificherà un'informazione chimica in una elettrica, l'abitudine, in quanto tale, dovrà cambiare le carte in tavola. La ripetizione continua di un certo stimolo a cui segue la medesima reazione viene intesa dalle nostre sinapsi come un evento che non deve richiedere un dispendio energetico importante perchè sempre uguale. Impone così una diminuzione della concentrazione di ione calcio, una riduzione del neurotrasmettitore rilasciato e una conseguente riduzione dell'entità della reazione finale. Per cui, dopo che per più e più volte ci siamo spaventati all'abbaiare improvviso del cane del nostro vicino, dopo l'ennesima volta che prestiamo orecchio a tale sonorità il nostro cervello decide che non c'è più bisogno di spaventarsi perchè già conosce l'entità del rumore.
Come non rimanere, ancora una volta, affascinati dalla capacità che il cervello mette in campo a modulare sistematicamente il nostro approccio al mondo? Se l'esistenza scorre lasciando tracce più o meno profonde, il cervello è consapevole della necessità di applicare modifiche importanti alla nostra coscienza perchè si possa apprezzare al meglio l'evento che accade o per riconoscere specifici moduli di funzionamento attraverso le varie forme di neuroplasticità. Quasi il cervello volesse imporre al nostro subconscio la razionale ovvietà del trascorso temporale ma, sviluppando questa considerazione, agisce freneticamente perchè si possa apprendere il più possibile (con LTP), perchè ci si possa muovere nella certezza più sicura (con LTD) o perchè si possa rimanere impassibili davanti a certi eventi privi di valore (con l'abitudine, ma è bene che il cervello, senza richiamare in gioco la nostra volontà, trasformi in assuefatta scontatezza il trascorrere dei nostri giorni?...).
Se la nostra vita è in continuo divenire, allora anche il nostro approccio al reale deve essere così disposto ad un plastico rinnovamento! Non a caso parlo di divenire: mi sto infatti rifacendo al logos filosofico del buon vecchio Eraclito.
Non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua di un fiume.
Asseriva così il filosofo greco, sottolineando l'importanza del fatto che ogni nostro istante non è mai uguale all’altro e noi non siamo mai gli stessi da un istante all’altro, da un tempo all’altro. Tutto cambia dentro e fuori di noi anche se non sempre riusciamo a percepire questo continuo cambiamento. La cosa più appariscente di noi, il nostro corpo, da un istante all’altro è sempre diverso e noi viviamo in questa continua diversità e di questa continua diversità. Siamo in continuo cambiamento: perdiamo cellule del nostro corpo, perdiamo ricordi sommersi da altri nel vuoto della nostra memoria, e gli stessi che crediamo di conservare sono diversi da un momento all’altro. Per quanto grande sia quello che noi chiamiamo memoria, essa non è mai capace di trattenere fermare per un attimo il nostro continuo divenire. Tutti gli eventi sono continuamente mutevoli come il paesaggio che ci corre via veloce da un finestrino di un treno e del quale ben poco riusciamo a trattenere.
In un contesto così sfuggevole, penso sia necessario non correre il rischio di 'lasciarsi scivolare addosso' lo sviluppo dell'esistenza solo perchè il tempo scorre e, inafferrabile, non potrà mai essere limitato. Se il nostro cervello risponde al variare dell'esistenza imponendo cambiamenti fisico chimici a livello sinaptico, perchè la nostra volontà coscienziale non può operare un'opera di apprezzamento del momento senza che la vita si dissolva senza lasciar traccia come il sogno più vago e indefinito possibile?
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