domenica 4 ottobre 2015

Io so che tu sai che io so.

"Vi è un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l'ignoranza". 
Con queste parole, Socrate ben identificava la necessità dell'uomo in quanto tale di rendersi partecipe dell'esistenza attraverso un approccio cognitivo diretto, atto all'apprendimento del mondo e alla necessaria traduzione concreta di ciò mediante la processazione meticolosa di tutte le informazioni apprese.

Dalle  informazioni sociali che veniamo bombardati ogni momento, dall'espressione non verbale del passante allo sguardo ambiguo dell'amico, siamo in grado di codificare una vasta gamma di significati attraverso le funzioni cognitive più disparate e complesse per fare in modo di acquisire una certa competenza sociale (trovare cioè il giusto posto nel mondo) favorendo così una giusta attribuzione mentale a tale informazione: ovverosia, come questa notizia può interfacciarsi con la mia esistenza e come con quella del mio vicino. Questa intricata attività di associazione informazione-significato, nota come social cognition, è in realtà uno step fondamentale per poter ampliare  e meglio disporre di una buona empatia. Con tale termine, definiamo la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva. Esistono perciò due diverse categorie di empatia: calda o emotiva e cognitiva. La prima definizione, sviluppata mediante processi di selezione naturale, si esplica in un contesto sociale con la partecipazione convinta al vissuto dell'altro mentre quella cognitiva si traduce nella capacità di poter predirre i comportamenti altrui, che assume così un alto livello di complessità sociale. 
Non solo Socrate ci aiuta a contestualizzare tale considerazione neuroscientifica, anche il filosofo greco Aristotele (IV secolo A.C.) nella sua Politica  scrisse: ''L’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società''. Una dimostrazione concreta di come l'essere vivente della specie umana esista per creare contatti con i suoi simili; tale bisogno tuttavia, non nasce come esigenza psicofisiologica alla comunione con l'altro quanto piuttosto a causa della struttura anatomofisiologica del nostro cervello cablato proprio per i rapporti interumani. 
Con la metafora di 'cervello sociale' suggerisco che l'evoluzione, attraverso la selezione naturale, ha scelto per la capacità di riconoscimento, di elaborazione e di calcolo degli stimoli sociali, per massimizzare la possibilità di sopravvivenza e riproduttiva di un individuo. Infatti studi hanno dimostrato che il rapporto tra peso del cervello e peso corporeo sia in realtà sproporzionato di circa tre volte rispetto alle altre specie viventi, quasi a voler dimostrare empiricamente che la costituzione del nostro cervello sia atta all'istituzione di interazioni sociali. 
Taglio sagittale che permette di visualizzare tutte le componenti del sistema limbico interessate nell'empatia. 


Cerchiamo ora di analizzare quali sono le componenti cerebrali che interagiscono per favorire il nostro approccio sociale all'esistenza. Anatomicamente, la cognizione sociale coinvolge una rete neurale che connette la corteccia prefrontale con le aree temporo-parietali e il sistema limbico, in particolare l'insula anteriore e il cingolato anteriore. Tali aree si attivano in diverse e specifiche circostanze: l'insula e la corteccia frontale orbitale quando viene richiesto di trovare la soluzione a problemi sociali mentre il cingolo con l'insulka si attivano per favorire anche l'empatia del dolore. 
Queste aree non sono poi isolate ma forniscono importanti collegamenti soprattutto con le aree del linguaggio e del riconoscimento delle espressioni facciali: tenete a memoria tale legame che risulterà essere di grande portata quando parleremo dei disturbi neuropsicologici di questo ambito. Non solo, il legame con la corteccia prefrontale si traduce mediante un collegamento con una particolare categoria di neuroni, i cosidetti neuroni-specchio (nel dettaglio nelle prossime puntate) che agiscono come base funzionale dell'attività cognitiva sociale con l'anticipazione del comportamento effettuato anche se l'obiettivo del movimento è ambiguo o nascosto: in poche parole è come se queste cellule ci permettessero di metterci nei panni del nostro interlocutore attraverso una quasi completa imitazione della sua attività motoria-sociale mediante cui poter apprendere, comprendere e prevedere le azioni dei compagni.












Esempio chiaro di come anche un infante manifesti un buon sistema neuroni specchio prefrontale attuato, in questo caso ad apprendere per imitazione (tipico infatti dei primi anni di vita). Nell'età infantile, è inoltre da sottolineare anche l'importante se non fondamentale approccio della figura genitoriale: più questi riescono a rispecchiare lo stato emotivo del bimbo, maggiore è la loro capacità di acquisire capacità cognitive ed emotive: il cervello sociale necessita quindi dei corretti input familiari e ambientali per svilupparsi correttamente.







Pur essendo condizone comune all'uomo la capacità di instaurare relazioni sociali più o meno stabili, non dobbiamo considerare tale assunto come assioma indiscutibile: il collasso delle abilità cognitive sociali è infatti centrale a condizioni psicopatologiche come l'autismo e la schizofrenia. 
In termini generali, la schizofrenia viene considerata come malattia psichiatrica caratterizzata da sintomi psicotici e dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, da un decorso superiore ai sei mesi con forte disadattamento della persona ovvero implicante una gravità tale da limitare le normali attività di vita della persona. In particolar modo tale disturbo esplica delle evidenti difficoltà a intessere relazioni sociali a causa delle allucinzazioni persecutorie che schermano tutto ciò che entra in contatto col soggetto. 
Ricordate che prima accennavo dell'importante legame sistema limbico-aree per la codifica linguaggio ed espressioni facciali? Ecco, è proprio in quest'ambito che questo assume una valenza in più: nel paziente con schizofrenia paranoide o anche disturbo borderline della personalità (un aspetto estremo di autismo), a causa della degenerazione di questo contatto oltre ad altri legami neuronali interni, qualsiasi espressione come una subdola manifestazione di astio.
Come la stragrande maggioranza delle patologie neurologiche, non esiste cura; tuttavia un opzione di terapia sintomatica a base di ossitocina sembra essere papabile. Infatti, una cognizione sociale più complessa richiede capacità di prendere decisioni sociali in situazioni che richiedono fiducia, cooperazione e reciprocità, gran parte delle quali sembra essere sotto il controllo dell'ossitocina. I moderni approcci terapeutici ai disordini psichiatrici utilizzano esplicitamente la crescente conoscenza di come le menti sociali interagiscano e di come queste potrebbero essere finemente regolati da tale peptide.
L'ambito nel quale spaziano tale ricerche è davvero molto ampio, è tuttavia necessario capire che la reale configurazione del nostro approccio all'esistenza sia davvero modulata non solo sulle precostituite formazioni genetiche quanto piuttosto dal pattern associativo di legame con l'ambiente naturale e la famiglia, primo focolare di crescita personale.