sabato 25 luglio 2015

La memoria non è altro che assuefazione. (G.Leopardi)

Ricordare. Garantire all'io di rievocare momenti della propria esistenza. Facoltà dell'intelletto da non sottovalutare: favorire, tramite il subitaneo rinforzo di connessioni neurali, la possibilità di far tornare vividi e concreti certi eventi, determinate sonorità, speciali fragranze, un volto amico, un luogo che speravate di non ricordare più.. Questa, amici miei, è la grande capacità della memoria. Un intricato meccanismo che richiede la cooperazione di diverse strutture localizzate sia a livello corticale che in posizioni più profonde, dall'ippocampo all'amigdala, da intricate conessioni alla corteccia motoria fino a quelle alla corteccia prefrontale.
Se misteriosie e alquanto affascinanti sono i procssi neurofisiologici che si pongono alla base dei processi psichici atti al ricordo, ancora più strabilianti sono gli effetti di lesioni patologiche che colpiscono queste aree.
Ma, come sempre, procediamo passo per passo.
La memoria si concretizza tra i più complessi meccanismi partoriti dal nostro cervello e, per questa sua complessità, non ha addirittura una chiara definizione 'topografica': se ad esempio, per la visione noi siamo soliti parlare di un'area corticale specifica localizzata a livello del lobo occipitale, non esiste una corrispettiva area citoarchitettonica di Brodmann che codifica in maniera coscienziale la funzionalità mnemonica. Nonostante questo atteggiamento 'cosmopolita' della memoria, uno studio condotto in Germania ha evidenziato in maniera chiara e inequivocabile la struttura che assume un ruolo gerarchico di predominio nella definizione funzionale della memoria, una sorta di centro di comando: l'ippocampo e la corteccia entorinale che lo circonda (per chi fosse interessato, metto in allegato l'articolo di suddetta ricerca www.nature.com/ncomms/2014/141126/ncomms6547/pdf/ncomms6547.pdf)
Ma allora, ora che abbiamo localizzato la regione funzionale, come si svolgono concretamene i processi che garantiscono il pieno funzionamento cognitivo per riportare alla luce la serata del nostro primo bacio, le emozioni per il campionato vinto o semplicemente il menù dell'ultima abbuffata dalla nonna?
Dobbiamo riconoscere, ancora una volta, la disarmante e logica complessità del nostro cervello! Questo, va a suddividere la memoria in tre ambiti: sensoriale, a breve e a lungo termine; questi attraverso un lineare meccanismo di connessioni e circuitazioni, garantiscono la piena funzionalità.
La memoria sensoriale si suddivide a sua volta in due componenti quella iconica e quella ecoica; la prima adibita alle immagini visive, la seconda a eventi musicali. Entrambe le tipologie di informazioni appartengono a processi di natura percettiva (viene millantata, senza però alcuna prova sperimentale, l 'esistenza di una memoria olfattiva e tattile) che servono a rendere continue le percezioni di immagini e suoni che arrivano ai recettori in tempi diversi, per esempio nella fusione dei singoli fotogrammi che costituiscono l'immagine di un film o i singoli fonemi di una parola e vengono lì mantenuti per un lasso di tempo infinitesimo.
Il passaggio successivo permette di raggiungere la memoria a breve termine il cui compito principale è quello di garantire la ricezione transitoria di informazioni a codificazione verbale e per questo suddivisa a sua volta in una componente immediata e di lavoro: la prima viene saggiata con la ripetizione istantanea di serie numeriche (generalemte sono 7/9 numeri), la seconda invece è identificata con la coscienza momentanea. Si tratta cioè di una struttura che, articolata in una componente fonologica e non verbale, garantisce una prima possibilità di memorizzazione attraverso l'itereazione ad alta voce dell'engramma: ecco perchè i professori ci hanno sempre consigliato di ripetere ad alta voce! Questa porzione di memoria è direttamente associata alla memoria sensoriale attraverso un collegamento che si può considerare quasi come un limbo informazionale: ciò che il nostro cervello, una volta percepito con il primo step, non ritiene essere utile o opportuno da ricordare, lo elimina definitivamente. Che iattura eh! Quasi come se non esistesse un controllo cosciente di ciò che vogliamo mettere a memoria e anzi ci sia una qualche entità oscura che nel profondo della nostra mente guida i nostri più profondi bisogni e volontà bypassando la nostra coscienza ( volete dirmi che il libero arbitrio è forse un'illusione dal punto di vista neuroscientifico? Lo scopriremo nelle prossime puntate).
L'ultimo e definitivo tassello per la codifica cosciente dei ricordi è la memoria a lungo termine, vero e proprio magazziniere ad elevate capacità contenitive e alta soglia di stabilità, anch'essa frazionata in due sottostrutture: memoria implicita e memoria esplicita. La prima è dedita alla resa motoria di potenzialità d'azione non necessariamente presenti nella coscienza ma che possono risultare evidenti da processi esperienziali: ci permette cioè di saper andare in bici anche se da tempo immemore non la usiamo, ci garantisce anche di camminare in modo del tutto inconsapevole: alzi ora la mano chi di voi, mano nella mano con la sua ragazza, si è concentrato a camminare piuttosto che ascoltare le parole della sua fanciulla! Nessuno di voi, anche se forse sarebbe stato meglio il contrario (le ragazze non mi giudichino male per questo). La memoria esplicita invece ci permette di rispondere sicuri a domande sulla nostra identità e sulla nostra storia, a rispondere con una certa qual velocità alle domande dei professori: in poche parole, ci permette di rendere esplicita la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi. Ecco quindi la struttura della memoria così come ci appare nella sua totalità:
Viene ora il bello: cosa succede quando uno di questi meccanismi si inceppa o non funziona più? Innumerevoli sono le patologie, spesso neurodegenerative, che alterano sistematicamente la funzionalità mnemonica: Alzheimer, Parkinson, Korsakoff.. In ciascuna di queste, e in molte altre ancora, l'amnesia provocata è solo una delle tante conseguenze che si articolano nel complesso quadro clinico della suddetta malattia. Ma cosa succede quando una delle strutture interessate viene fisicamente colpita, ad esempio in seguito a forte trauma cranico? Amnesia retrograda e anterograda!
Per capire al meglio queste condizioni prendo ad esempio il famoso caso del paziente H.M (Henry Gustav Molaison), la persona più studiata nella storia delle neuroscienze. Nato nel 1926 ad Hartford, nel Connecticut, è stato il protagonista di almeno un centinaio pubblicazioni scientifiche, un mirabile esperimento vivente il cui studio ha aperto la strada alla comprensione dell'organizzazione funzionale e delle basi nervose della memoria, facendo emergere allo stesso tempo, per circa mezzo secolo, nuovi programmi di ricerca sul tema. L'amnesia di HM era conseguenza di un intervento eseguito per trattare l'epilessia di cui soffriva da quando aveva 9 anni e che, da adulto, era arrivata a causargli circa una decina di accessi alla settimana. La sua condizione neurologica non rispondeva a nessun trattamento farmacologico allora esistente. Per questo nel 1953, dopo averlo visitato all'ospedale di Hartford, il neurochirurgo William Beecher Scoville aveva proposto di tentare una radicale terapia chirurgica. All'epoca, il trattamento dell'epilessia era il principale campo di applicazione della neurochirurgia, che aveva avuto una straordinaria espansione a partire dalla seconda metà degli anni trenta nel tentativo di trattare taluni disturbi mentali rimuovendo parti o interrompendo vie di connessione del cervello. Scoville era tra i più attivi neurochirurghi del periodo, ma si riteneva insoddisfatto dei risultati ottenibili con la leucotomia prefrontale, e lavorava alla sua revisione. Grazie anche alle ricerche condotte su pazienti epilettici, in quel periodo si era diffusa l'idea del coinvolgimento delle strutture temporali nelle condizioni psicotiche. Questa convinzione peraltro era suffragata da una serie di evidenze anatomo-funzionali sulle relazioni tra queste strutture e la corteccia orbitofrontale, oggetto della disconnessione negli interventi di leucotomia. Per queste ragioni, Scoville pensava di poter ottenere effetti terapeutici più marcati con l'ablazione delle strutture della corteccia mediale temporale. Ciò prevedeva una lobotomia bilaterale della corteccia temporale mediale estesa per diversi centimetri verso l'interno del cervello e fino a comprendere l'amigdala, la corteccia entorinale e una buona parte dell'ippocampo. L'epilessia scomparve ma si instaurò una leggera complicanza: il paziente dimenticava sistematicamente qualsiasi evento avvenuto successivamente al trauma chirurgico, esempio quindi ecclatante di amnesia anterograda: anche se la sua memoria a breve termine sembrava intatta, egli non riusciva ad accumulare, preservare o recuperare nuovi ricordi dopo il trauma a differenza di un'amnesia retrograda che provoca problemi nel ricordare eventi precedenti al trauma.
L'amnesia anterograda è quindi davvero una condizione che seppur non fatale impone serie difficoltà nella vita del soggetto che si ritrova quindi catapultato in una serie di assurde e bizzarre condizioni di irreali iterazioni dell'oggi  a causa della sua impossibilità di ricordare, quasi gustando ogni volta una vita che ha gia vissuto ma di cui ne è inconsapevole.
Ma ecco che sorge allora spontanea una considerazione mai banale e sempre attuale: tutto quello che abbiamo è il momento presente! Si impone con una certa qual forza la necessità di assaporare a fondo il qui e ora, quel prezioso e insostituibile istante attuale perchè non si ripeterà mai più nel corso della storia. Nella fragilità della nostra condizione umana, si impone questa visione esistenzialistica del reale in cui l' hic et nunc heideggeriano si impone prepotentemente nella sua disarmante attualità: non si coniuga a semplice godimento della vita ma si traduce in modo più sottile in un contesto in cui si viene a concretizzare il carpe diem oraziano. Al di là dell'ormai ovvio 'cogli l'attimo' diventato un motto sfruttato malamente da pubblicità e merketing, cerchiamo di raggiungere il vero perchè di questo pensiero. Si fonda sulla considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro, né tantomeno di determinarlo: solo sul presente l'uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni, che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro.
Si tratta di una specie di filosofia di vita che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, Dum loquimur, fugerit invida aetas (mentre parliamo, sarà fuggito avido il tempo). Lungi quindi dall'essere un crasso e materialista invito al bere, od anche un piacere senza turbamento, carpe diem esprime l'angosciosa imprevedibilità del futuro e la gioia dignitosa della vita.
Dotati o meno della gran facoltà di ricordare, è sempre utile saper gustare avidamente ogni singolo momento anche se inizialmente considerato come una mera inezia perchè la nostra intera vita si impone con orgoglio quale quell'autentico miracolo quotidiano che è.

Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. 


Orazio (Odi, 1, 11)

venerdì 24 luglio 2015

Il sogno è l’infinita ombra del Vero. (G.Pascoli)

Assaporare ogni notte le fantastiche creazioni della nostra mente mai indomita.
Penso sia uno spettacolo irrinunciabile: sognare, un'attività tutt'altro che passiva. E', anzi, il momento di maggior attività del nostro cervello quando questo invece, durante le più buie ore notturne, dovrebbe riposarsi e ricaricarsi per il nuovo giorno. Si presenta come una situazione paradossale di attivazione elettrochimica al pari di quando siamo svegli.
Ma procediamo con ordine.
Potremmo definire i sogni come vividi fenomeni percettivi endogeni che si esplicano in varie modalità sensoriali (soprattutto visive) in scene strutturate e in trame complesse caratterizzate da bizzaria, illogicità e irrealtà che però il soggetto vive al momento come intensamente veritiere. Va a coincidere in maniera assolutamente perfetta con la fase del sonno più profondo, il famigerato sonno REM. Uno dei diversi momenti, facenti parti della complessa e altrettanto affascinante architettura ipnogena, in cui l'attività cerebrale del soggetto sovverte completamente l'ordine naturale delle cose. Infatti, attraverso una registrazione elettroencefalografica (esame non invasivo che valuta l'attività elettrica del cervello durante i diversi momenti della giornata, evidenziando uno sviluppo ondulatorio caratteristico), si può notare come durante il sonno REM si evidenzino lo stesso tipo di onde, sia per frequenza che ampiezza di quando siamo svegli e compiamo la più complessa delle attività: tutto questo durante la notte più profonda! Fenomenale!
Valutata quindi la capacità del sogno di alterare sistematicamente l'attività elettrica del cervello durante il riposo, scopriamo la facoltà dell'attività onirica di integrare attraverso la formazione di complesse circuitazioni, diverse aree cerebrali. E' importante ricordare (prima di affrontare questo discorso e per capire al meglio la portata di quanto vi dirò) che il nostro cervello è stato suddiviso convenzionalmente in aree: nel lontanissimo1909, un neurologo tedesco K.Brodmann attraverso esperimenti rivoluzionari per l'epoca, è riuscito a catalogare sistematicamente le principali attività/facoltà umane e ad associarle così a specifiche porzioni del nostro cervello; una citoarchitettura che è rimasta invariata finora grazie alle conferme sperimentali effettuate attraverso fMRI (risonanza magnetica funzionale, un esame che permette di evidenziare con un colorante fluorescente l'area cerebrale interessata in una certa attività).
Ecco quindi allora che si vanno a definire numerosi settori funzionali: aree 3,1,2 come corteccia somatosensoriale nella circonvoluzione postcentrale, area 4 come corteccia motoria nella circonvoluzione precentrale, area 9 corteccia prefrontale dorsolaterale che si attiva quando si dicono/ascoltano bugie, area 17 come corteccia visiva primaria a livello occipitale, area 27 come corteccia piriforme per la codificazione dei profumi...
Ma esiste quindi un'area del sogno? No! Ed è proprio questo il bello: il sogno è un'attività così complessa, ampia e dalla portata radicle che integra la funzionalità espressiva di più aree così da garantire la formazione di un vero e proprio show che il subconscio si gode appassionatamente. Uno degli aspetti più intriganti di ogni sogno è credere di vivere realmente ciò che in realtà risulta essere un mero parto di una mente attiva e sana: la dimensione visiva e spaziale acquistano così una valenza di primo piano. Si tratta cioè dell'attività, rispettivamente, dell'area 19 e 7 secondo la classificazione di Broddman. L'area associativa visiva (19) che garantisce la formazione di vivide esperiene visive che si compenetrano con la capacità della corteccia parietale inferiore (7) o area associativa somatosensoriale di creare le più assurde location in cui prendono luogo le illogiche trame oniriche, al pari dell'architetto più creativo permette una completta organizzazione spaziale del sogno surclassando qualsiasi limite fisico. Ma l'esperienza onirica non si limita all'edificazione di uno spazio vuoto; questo deve essere riempito, colmato di storie estroverse e singolari cosiccome necessita che emozioni e sentimenti siano il collante dell'intera struttura narrativa. Ecco allora l'integrazione funzionale di altre due strutture citoarchitettoniche: la corteccia prefrontale che racchiude l'area 10,11,12,46,47 e l'area paralimbica anteriore costituita da diverse strutture come amigdala, ippocampo e giro del cingolo (aree 29 30 31 32 33). La particolarità riguardo alla corteccia prefrontale è che, a differenza delle altre, questa per garantire la singolarità illogica delle trame oniriche deve essere completamente disattivata perchè durante la veglia garantisce quella spinta razionale che in modo più o meno evidente ci orienta nelle nostre scelte quotidiane. Invece, la struttura paralimbica richiede una canonica attivazione per permettere al soggetto di assaporare le più intense e svariate emozioni, sereno se in compagnia di una persona amata o tremendamente spaventato se pervaso dall'incubo più tenebroso. L'aggiunta funzionale ottenuta dalla compenetrazione delle tre strutture incluse nell'area paralimbica, si traduce nella possibilità di fondere all'inedito film onirico, sprazzi di esperienze già vissute, di ricordi particolarmente impressi che possono essere riesumati attraverso un'attivazione intensa e profonda.
La neurofisiologia del sogno è a dir poco intrigante e affascinante, ma che dire dei suoi risvolti psicologici sul subconscio? Forse ancora più sorprendenti!
Senza cadere nell'esosa rappresentazione del pensiero di Freud riguardo l'attività onirica (che si può facilmente trovare su qualsiasi compendio liceale di filosofia), prendo a modello due neurofisiologi moderni che hanno visto nel sogno, un'attività dalla portata gnoseologica rivoluzionaria: Robert Spiegel e Charles Sherrington. Il primo, professore alla Harvard Medical School di Boston, fornisce al sogno un ruolo inaspettato: una sorta di comparatore magazziniere che riorganizza i ricordi e opera confronti per integrare le nuove esperienze con quelle già immagazzinate permettendo così di sminuire l'impatto emotivo di ricordi spiacevoli che vengono allontanati dalla nostra coscienza perchè ritenuti tutt'altro che utili. In questa nuova visione, confermata da numerosi studiosi, possiamo quindi considerare l'attività onirica come un inaspettato alleato per la resa felice del nostro sonno e per la valorizzazione di certi momenti piuttosto che altri: unico! Quasi come se il cervello stesso acquisisca coscienza, garantendo al soggetto di limitare ciò che lo ha destabilizzato in maniera più grave.
Il secondo studioso che prendiamo in considerazione è un neurofisiologo e poeta inglese che, sfruttando alcune idee freudiane, dimostra la bizzaria del sogno a livello del subconscio: spesso nel momento in cui ciò che abbiamo mantenuto nascosto viene liberato, tramite uno spostamento del nostro livello di censura, si creano contenuti bizzarri; il livello di censura dipende da una serie di condizionamenti precedenti tra cui l'educazione, le esperienze fatte, tutto quello ha contribuito a caratterizzare la nostra persona, il modo di vedere le cose che ci circondano, di dare giudizi...Nel sonno i contenuti passano tramite il livello di censura e vengono rielaborati in modo bizzarro.
Come valutare quindi definitivamente il sogno? Mera funzione della mente che permette all'incoscio di manifestarsi, particolare attività fisica di derivazione elettrochimica, intensa desincronizzazione elettroencefalografica notturna per attivazione di più aree cerebrali...Ognuno scelga la definizione che più gli aggrada. Personalmente, dopo l'analisi sia scientifica che psicologica dell'attività onirica, non posso che essere sempre più affascinato di come il nostro cervello si adoperi in modo più o meno consapevole per permetterci di assaporare diverse sfaccettature della nostra esistenza. Certo è vero che un monito è d'obbligo: non perdersi nella vasta e talvolta soddisfacente bellezza onirica. Ricordarsi di vivere non penso sia un motto così scontato soprattuto oggi, in cui le difficoltà da vivere durante le giornate sono sempre più numerose e davvero difficili da superare con coraggio. Rifugiarsi in un mondo indistinto e sfocato, come quello onirico, non può garantire sistematicamente la possibilità di apprezzare ciò che ci circonda, anche se questa talvolta è sepolta sotto una coltre di ardue fatiche. In questo contesto, in cui si valorizza il sogno senza però rischiare di perdere la bussola del nostro essere, non posso non citare il film Inception (2010). E' d'obbligo, per chi non l'ha visto ed è rimasto affascinato anche solo in parte di questa piccola discussione onirica, gustarsi appieno il tentativo ben riuscito del regista di rappresentare la complessa bellezza del mondo dei sogni. 
Forti della necessità morale di non permettere al nostro subconscio di prevalere sul nostro io quotidiano, ma consapevoli della volontà di gustarsi appieno le grandiose architetture oniriche, rimaniamo ancora una volta sorprendentemente affascinati della misteriosa complessità del nostro cervello. 

Un sogno

In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce
m' ha lasciato col cuore implacato.

Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno
per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d' intorno con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?

Quel sogno beato - quel sogno beato,
mentre il mondo intero m' era avverso,
m' ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.

E benché quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano -
che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?

Edgar Allan Poe (1849)

giovedì 23 luglio 2015

Da solo in riva al mare, comincio a pensare

Ritengo importante, se non fondamentale, avere interessi variegati che vadano a colpire più ambiti. In questo contesto di neuroriflessioni, mi abbandonerò talvolta a qualche parola in più, a qualche estratto non puramente scientifico perchè è così che lavora il nostro cervello: attraverso diversi livelli, instaurando le relazioni più impensate.
Per la prima volta, sfrutto delle parole di una personalità non associata direttamente alle neuroscienze ma che, attraverso i suoi studi, ha più e più volte ammirato la bellezza dell'esistenza cosiccome il nostro cervello ci spinge a fare.
Accompagno un video musicale di un artista che scoprirete, sarà colonna sonora in numerose di queste divagazioni neurofilosofiche.


Da solo in riva al mare,comincio a pensare.
Ecco le onde scroscianti
montagne di molecole
ognuna ottusamente intenta ai fatti suoi
miliardi di miliardi lontane
eppure formano all’unisono spuma bianca
Ere su ere
prima di un occhio che potesse vederle
anni dopo anni
martellare possenti la riva come ora.
Per chi, per cosa?
Su un pianeta morto
che non ospitava alcuna vita.
Senza requie mai
torturate dall’energia
prodigiosamente sprecata dal sole
riversata nello spazio.
Una briciola fa ruggire il mare
tutte le molecole ripetono
l’altrui struttura
finchè se ne formano di nuove e complesse
ne creano altre a propria immagine
e inizia una nuova danza.
Crescono in dimensioni e complessità
esseri viventi
masse di atomi
DNA,proteine
danzano figure ancora più intricate.
Fuori dalla culla
sulla terra asciutta
eccolo
 in piedi;
atomi con la coscienza
materia con la curiosità
In piedi davanti al mare
meravigliato della propria meraviglia: io
un universo di atomi
un atomo nell’universo

Richard Feynman    Che t’importa di ciò che dice la gente?  Zanichelli 1989



Io non sono il mio corpo, sono la mia mente

Affrancarsi stabilmente dal tedio della quotidiana abitudine.
Credo, anzi, sono profondamente convinto che questo debba essere il dovere di ciascun essre umano per poter sperimentare o almeno tentare, giorno dopo giorno, di introdursi in un pertugio lasciato dall'intricata vastità della natura e garantirsi così di assaporare almeno in parte la sconfinata bellezza dell'esistenza.
Apparirà forse bizzarro, quasi insensato il mio tentativo di varcare le soglie della conoscenza direttamente lì dove questa prende forma, lì dove viene ideata, plasmata e resa viva: quell'ammasso di acqua e fragile materia che noi chiamiamo cervello. E' forse l'avventura esplorativa più azzardata e non chiaramente delineata tra le tante tentate dall'uomo, ma sicuramente a mio modesto parere tra le più affascinanti. In qualità di essere umani, siamo indotti a ricercare il perchè del nostro fare, i motivi del nostro vivere o semplicemnte siamo spronati a capirci; si tratta di una continua ed instancabile ricerca in cui il nostro cervello è sia esploratore che oggetto esplorato, sia ricercatore che ricerca: insomma, il protagonista (in)consapevole della nostra identità. Si potrebbero leggere queste ultime parole come banali voli pindarici su questioni impalpabili e assolutamente prive di una base sicura e comune: ma è proprio questa l'enorme valenza dell'essere umano! La capacità cioè di ricercare in sè stessi il motivo comune al nostro fare, e sopratutto al nostro essere.
Da qualche tempo a questa parte, grazie ai miei primi approcci da studente di medicina, riconosco come valida ed efficace la possibilità di usare la neurologia come filtro ideale per schermare la mia visione delle cose. Si tratta infatti di una branca che con i suoi innumerevoli e infiniti tentacoli cerca di trovare una sorta di legame univoco tra la cultura scientifica e quella umanistica, cardini della nostra identità di abitanti del mondo. Spero davvero, un giorno non troppo lontano, possa diventare il fine primo dei miei studi.
Se ognuno di noi ora si fermasse anche solo 10 secondi e si mettesse a pensare all'enorme significato del''essere umani', di quanto grandiosa sia l'esistenza di ognuno di noi con tutte le sue colorate sfaccettature, di come imprescindibile sia il ruolo di dolci ricordi associati a immagini personali o fragranze uniche, di quanto sia speciale la sonorità che ogni essere vivente crea ed esprime per entrare in contatto con un suo simile, di come meraviglioso sia innamorarsi e far così assumere a lei un significato troppo profondo che non si riesce a spiegare...ok forse 10 secondi non sono sufficienti, ma provateci: ne vale la pena.
In ogni caso, non dobbiamo temere le facoltà del nostro cervello, dimora, talvolta, di angosce e ansie irrefrenabili, di pensieri o volontà che seppur appena accennati paiono disgustosi e non nostri, quasi che fossero stati voluti da qualcosa dentro di noi ma non accettati da noi e dalla nostra coscienza: non dobbiamo etichettarlo con astio come mostruoso tumore dell'universo (Jean Rostand) solo perchè esprime aspetti sconosciuti del nostro io. Ma è forse la versatilità di questo semplice quanto intricato complesso neuronale, che risulta essere affascinante!

La necessità di scoprire e valutare la bellezza del nostro io, deve essere perciò affrontata intuendo nelle neuroscienze un alleato formidabile per la scoperta del perchè del nostro vivere quotidioano, dei motivi che ci portano a compartarci in certi modi, cosiccome capire non solo l'eziologia ma anche lo sviluppo psicologico delle malattie che possono affliggere il sistema nervoso centrale. Questo sarà il mio compito: cercare di analizzare alcuni disturbi neurologici/psichiatrici, intercalando qua e la qualche divagazione di pensiero, proprio per sottolineare il valore che per me ha l'esplorazione neurologica del sè.