Ricordare. Garantire all'io di rievocare momenti della propria esistenza. Facoltà dell'intelletto da non sottovalutare: favorire, tramite il subitaneo rinforzo di connessioni neurali, la possibilità di far tornare vividi e concreti certi eventi, determinate sonorità, speciali fragranze, un volto amico, un luogo che speravate di non ricordare più.. Questa, amici miei, è la grande capacità della memoria. Un intricato meccanismo che richiede la cooperazione di diverse strutture localizzate sia a livello corticale che in posizioni più profonde, dall'ippocampo all'amigdala, da intricate conessioni alla corteccia motoria fino a quelle alla corteccia prefrontale.
Se misteriosie e alquanto affascinanti sono i procssi neurofisiologici che si pongono alla base dei processi psichici atti al ricordo, ancora più strabilianti sono gli effetti di lesioni patologiche che colpiscono queste aree.
Ma, come sempre, procediamo passo per passo.
La memoria si concretizza tra i più complessi meccanismi partoriti dal nostro cervello e, per questa sua complessità, non ha addirittura una chiara definizione 'topografica': se ad esempio, per la visione noi siamo soliti parlare di un'area corticale specifica localizzata a livello del lobo occipitale, non esiste una corrispettiva area citoarchitettonica di Brodmann che codifica in maniera coscienziale la funzionalità mnemonica. Nonostante questo atteggiamento 'cosmopolita' della memoria, uno studio condotto in Germania ha evidenziato in maniera chiara e inequivocabile la struttura che assume un ruolo gerarchico di predominio nella definizione funzionale della memoria, una sorta di centro di comando: l'ippocampo e la corteccia entorinale che lo circonda (per chi fosse interessato, metto in allegato l'articolo di suddetta ricerca www.nature.com/ncomms/2014/141126/ncomms6547/pdf/ncomms6547.pdf)
Ma allora, ora che abbiamo localizzato la regione funzionale, come si svolgono concretamene i processi che garantiscono il pieno funzionamento cognitivo per riportare alla luce la serata del nostro primo bacio, le emozioni per il campionato vinto o semplicemente il menù dell'ultima abbuffata dalla nonna?
Dobbiamo riconoscere, ancora una volta, la disarmante e logica complessità del nostro cervello! Questo, va a suddividere la memoria in tre ambiti: sensoriale, a breve e a lungo termine; questi attraverso un lineare meccanismo di connessioni e circuitazioni, garantiscono la piena funzionalità.
La memoria sensoriale si suddivide a sua volta in due componenti quella iconica e quella ecoica; la prima adibita alle immagini visive, la seconda a eventi musicali. Entrambe le tipologie di informazioni appartengono a processi di natura percettiva (viene millantata, senza però alcuna prova sperimentale, l 'esistenza di una memoria olfattiva e tattile) che servono a rendere continue le percezioni di immagini e suoni che arrivano ai recettori in tempi diversi, per esempio nella fusione dei singoli fotogrammi che costituiscono l'immagine di un film o i singoli fonemi di una parola e vengono lì mantenuti per un lasso di tempo infinitesimo.
Il passaggio successivo permette di raggiungere la memoria a breve termine il cui compito principale è quello di garantire la ricezione transitoria di informazioni a codificazione verbale e per questo suddivisa a sua volta in una componente immediata e di lavoro: la prima viene saggiata con la ripetizione istantanea di serie numeriche (generalemte sono 7/9 numeri), la seconda invece è identificata con la coscienza momentanea. Si tratta cioè di una struttura che, articolata in una componente fonologica e non verbale, garantisce una prima possibilità di memorizzazione attraverso l'itereazione ad alta voce dell'engramma: ecco perchè i professori ci hanno sempre consigliato di ripetere ad alta voce! Questa porzione di memoria è direttamente associata alla memoria sensoriale attraverso un collegamento che si può considerare quasi come un limbo informazionale: ciò che il nostro cervello, una volta percepito con il primo step, non ritiene essere utile o opportuno da ricordare, lo elimina definitivamente. Che iattura eh! Quasi come se non esistesse un controllo cosciente di ciò che vogliamo mettere a memoria e anzi ci sia una qualche entità oscura che nel profondo della nostra mente guida i nostri più profondi bisogni e volontà bypassando la nostra coscienza ( volete dirmi che il libero arbitrio è forse un'illusione dal punto di vista neuroscientifico? Lo scopriremo nelle prossime puntate).
L'ultimo e definitivo tassello per la codifica cosciente dei ricordi è la memoria a lungo termine, vero e proprio magazziniere ad elevate capacità contenitive e alta soglia di stabilità, anch'essa frazionata in due sottostrutture: memoria implicita e memoria esplicita. La prima è dedita alla resa motoria di potenzialità d'azione non necessariamente presenti nella coscienza ma che possono risultare evidenti da processi esperienziali: ci permette cioè di saper andare in bici anche se da tempo immemore non la usiamo, ci garantisce anche di camminare in modo del tutto inconsapevole: alzi ora la mano chi di voi, mano nella mano con la sua ragazza, si è concentrato a camminare piuttosto che ascoltare le parole della sua fanciulla! Nessuno di voi, anche se forse sarebbe stato meglio il contrario (le ragazze non mi giudichino male per questo). La memoria esplicita invece ci permette di rispondere sicuri a domande sulla nostra identità e sulla nostra storia, a rispondere con una certa qual velocità alle domande dei professori: in poche parole, ci permette di rendere esplicita la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi. Ecco quindi la struttura della memoria così come ci appare nella sua totalità:
Viene ora il bello: cosa succede quando uno di questi meccanismi si inceppa o non funziona più? Innumerevoli sono le patologie, spesso neurodegenerative, che alterano sistematicamente la funzionalità mnemonica: Alzheimer, Parkinson, Korsakoff.. In ciascuna di queste, e in molte altre ancora, l'amnesia provocata è solo una delle tante conseguenze che si articolano nel complesso quadro clinico della suddetta malattia. Ma cosa succede quando una delle strutture interessate viene fisicamente colpita, ad esempio in seguito a forte trauma cranico? Amnesia retrograda e anterograda!
Per capire al meglio queste condizioni prendo ad esempio il famoso caso del paziente H.M (Henry Gustav Molaison), la persona più studiata
nella storia delle neuroscienze. Nato nel 1926 ad Hartford, nel
Connecticut, è stato il protagonista di almeno un centinaio
pubblicazioni scientifiche, un mirabile esperimento vivente il cui
studio ha aperto la strada alla comprensione dell'organizzazione
funzionale e delle basi nervose della memoria, facendo emergere allo
stesso tempo, per circa mezzo secolo, nuovi programmi di ricerca sul
tema. L'amnesia di HM era conseguenza di un intervento eseguito per
trattare l'epilessia di cui soffriva da quando aveva 9 anni e che, da
adulto, era arrivata a causargli circa una decina di accessi alla
settimana. La sua condizione neurologica non rispondeva a nessun
trattamento farmacologico allora esistente. Per questo nel 1953, dopo
averlo visitato all'ospedale di Hartford, il neurochirurgo William
Beecher Scoville aveva proposto di tentare una radicale terapia
chirurgica. All'epoca, il trattamento dell'epilessia era il principale
campo di applicazione della neurochirurgia, che aveva avuto una
straordinaria espansione a partire dalla seconda metà degli anni trenta
nel tentativo di trattare taluni disturbi mentali rimuovendo parti o
interrompendo vie di connessione del cervello. Scoville era tra i più
attivi neurochirurghi del periodo, ma si riteneva insoddisfatto dei
risultati ottenibili con la leucotomia prefrontale, e lavorava alla sua
revisione. Grazie anche alle ricerche condotte su pazienti epilettici,
in quel periodo si era diffusa l'idea del coinvolgimento delle strutture
temporali nelle condizioni psicotiche. Questa convinzione peraltro era
suffragata da una serie di evidenze anatomo-funzionali sulle relazioni
tra queste strutture e la corteccia orbitofrontale, oggetto della
disconnessione negli interventi di leucotomia. Per queste ragioni,
Scoville pensava di poter ottenere effetti terapeutici più marcati con
l'ablazione delle strutture della corteccia mediale temporale. Ciò
prevedeva una lobotomia bilaterale della corteccia temporale mediale
estesa per diversi centimetri verso l'interno del cervello e fino a
comprendere l'amigdala, la corteccia entorinale e una buona parte
dell'ippocampo. L'epilessia scomparve ma si instaurò una leggera complicanza: il paziente dimenticava sistematicamente qualsiasi evento avvenuto successivamente al trauma chirurgico, esempio quindi ecclatante di amnesia anterograda: anche se la sua memoria a breve termine sembrava intatta, egli non riusciva ad accumulare, preservare o recuperare nuovi ricordi dopo il trauma a differenza di un'amnesia retrograda che provoca problemi nel ricordare eventi precedenti al trauma.
L'amnesia anterograda è quindi davvero una condizione che seppur non fatale impone serie difficoltà nella vita del soggetto che si ritrova quindi catapultato in una serie di assurde e bizzarre condizioni di irreali iterazioni dell'oggi a causa della sua impossibilità di ricordare, quasi gustando ogni volta una vita che ha gia vissuto ma di cui ne è inconsapevole.
Ma ecco che sorge allora spontanea una considerazione mai banale e sempre attuale: tutto quello che abbiamo è il momento presente! Si impone con una certa qual forza la necessità di assaporare a fondo il qui e ora, quel prezioso e insostituibile istante attuale perchè non si ripeterà mai più nel corso della storia. Nella fragilità della nostra condizione umana, si impone questa visione esistenzialistica del reale in cui l' hic et nunc heideggeriano si impone prepotentemente nella sua disarmante attualità: non si coniuga a semplice godimento della vita ma si traduce in modo più sottile in un contesto in cui si viene a concretizzare il carpe diem oraziano. Al di là dell'ormai ovvio 'cogli l'attimo' diventato un motto sfruttato malamente da pubblicità e merketing, cerchiamo di raggiungere il vero perchè di questo pensiero. Si fonda sulla
considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro, né
tantomeno di determinarlo: solo sul presente l'uomo può intervenire e
solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni, che, in
ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni,
le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro.
Si tratta di una specie di filosofia di vita che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria
vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice
il Poeta stesso nel verso precedente, Dum loquimur, fugerit invida
aetas (mentre parliamo, sarà fuggito avido il tempo). Lungi
quindi dall'essere un crasso e materialista invito al bere, od anche un
piacere senza turbamento, carpe diem esprime l'angosciosa
imprevedibilità del futuro e la gioia dignitosa della vita.
Dotati o meno della gran facoltà di ricordare, è sempre utile saper gustare avidamente ogni singolo momento anche se inizialmente considerato come una mera inezia perchè la nostra intera vita si impone con orgoglio quale quell'autentico miracolo quotidiano che è.
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Orazio (Odi, 1, 11)
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