Assaporare ogni notte le fantastiche creazioni della nostra mente mai indomita.
Penso sia uno spettacolo irrinunciabile: sognare, un'attività tutt'altro che passiva. E', anzi, il momento di maggior attività del nostro cervello quando questo invece, durante le più buie ore notturne, dovrebbe riposarsi e ricaricarsi per il nuovo giorno. Si presenta come una situazione paradossale di attivazione elettrochimica al pari di quando siamo svegli.
Ma procediamo con ordine.
Potremmo definire i sogni come vividi fenomeni percettivi endogeni che si esplicano in varie modalità sensoriali (soprattutto visive) in scene strutturate e in trame complesse caratterizzate da bizzaria, illogicità e irrealtà che però il soggetto vive al momento come intensamente veritiere. Va a coincidere in maniera assolutamente perfetta con la fase del sonno più profondo, il famigerato sonno REM. Uno dei diversi momenti, facenti parti della complessa e altrettanto affascinante architettura ipnogena, in cui l'attività cerebrale del soggetto sovverte completamente l'ordine naturale delle cose. Infatti, attraverso una registrazione elettroencefalografica (esame non invasivo che valuta l'attività elettrica del cervello durante i diversi momenti della giornata, evidenziando uno sviluppo ondulatorio caratteristico), si può notare come durante il sonno REM si evidenzino lo stesso tipo di onde, sia per frequenza che ampiezza di quando siamo svegli e compiamo la più complessa delle attività: tutto questo durante la notte più profonda! Fenomenale!
Valutata quindi la capacità del sogno di alterare sistematicamente l'attività elettrica del cervello durante il riposo, scopriamo la facoltà dell'attività onirica di integrare attraverso la formazione di complesse circuitazioni, diverse aree cerebrali. E' importante ricordare (prima di affrontare questo discorso e per capire al meglio la portata di quanto vi dirò) che il nostro cervello è stato suddiviso convenzionalmente in aree: nel lontanissimo1909, un neurologo tedesco K.Brodmann attraverso esperimenti rivoluzionari per l'epoca, è riuscito a catalogare sistematicamente le principali attività/facoltà umane e ad associarle così a specifiche porzioni del nostro cervello; una citoarchitettura che è rimasta invariata finora grazie alle conferme sperimentali effettuate attraverso fMRI (risonanza magnetica funzionale, un esame che permette di evidenziare con un colorante fluorescente l'area cerebrale interessata in una certa attività).
Ecco quindi allora che si vanno a definire numerosi settori funzionali: aree 3,1,2 come corteccia somatosensoriale nella circonvoluzione postcentrale, area 4 come corteccia motoria nella circonvoluzione precentrale, area 9 corteccia prefrontale dorsolaterale che si attiva quando si dicono/ascoltano bugie, area 17 come corteccia visiva primaria a livello occipitale, area 27 come corteccia piriforme per la codificazione dei profumi...
Ma esiste quindi un'area del sogno? No! Ed è proprio questo il bello: il sogno è un'attività così complessa, ampia e dalla portata radicle che integra la funzionalità espressiva di più aree così da garantire la formazione di un vero e proprio show che il subconscio si gode appassionatamente. Uno degli aspetti più intriganti di ogni sogno è credere di vivere realmente ciò che in realtà risulta essere un mero parto di una mente attiva e sana: la dimensione visiva e spaziale acquistano così una valenza di primo piano. Si tratta cioè dell'attività, rispettivamente, dell'area 19 e 7 secondo la classificazione di Broddman. L'area associativa visiva (19) che garantisce la formazione di vivide esperiene visive che si compenetrano con la capacità della corteccia parietale inferiore (7) o area associativa somatosensoriale di creare le più assurde location in cui prendono luogo le illogiche trame oniriche, al pari dell'architetto più creativo permette una completta organizzazione spaziale del sogno surclassando qualsiasi limite fisico. Ma l'esperienza onirica non si limita all'edificazione di uno spazio vuoto; questo deve essere riempito, colmato di storie estroverse e singolari cosiccome necessita che emozioni e sentimenti siano il collante dell'intera struttura narrativa. Ecco allora l'integrazione funzionale di altre due strutture citoarchitettoniche: la corteccia prefrontale che racchiude l'area 10,11,12,46,47 e l'area paralimbica anteriore costituita da diverse strutture come amigdala, ippocampo e giro del cingolo (aree 29 30 31 32 33). La particolarità riguardo alla corteccia prefrontale è che, a differenza delle altre, questa per garantire la singolarità illogica delle trame oniriche deve essere completamente disattivata perchè durante la veglia garantisce quella spinta razionale che in modo più o meno evidente ci orienta nelle nostre scelte quotidiane. Invece, la struttura paralimbica richiede una canonica attivazione per permettere al soggetto di assaporare le più intense e svariate emozioni, sereno se in compagnia di una persona amata o tremendamente spaventato se pervaso dall'incubo più tenebroso. L'aggiunta funzionale ottenuta dalla compenetrazione delle tre strutture incluse nell'area paralimbica, si traduce nella possibilità di fondere all'inedito film onirico, sprazzi di esperienze già vissute, di ricordi particolarmente impressi che possono essere riesumati attraverso un'attivazione intensa e profonda.
La neurofisiologia del sogno è a dir poco intrigante e affascinante, ma che dire dei suoi risvolti psicologici sul subconscio? Forse ancora più sorprendenti!
Senza cadere nell'esosa rappresentazione del pensiero di Freud riguardo l'attività onirica (che si può facilmente trovare su qualsiasi compendio liceale di filosofia), prendo a modello due neurofisiologi moderni che hanno visto nel sogno, un'attività dalla portata gnoseologica rivoluzionaria: Robert Spiegel e Charles Sherrington. Il primo, professore alla Harvard Medical School di Boston, fornisce al sogno un ruolo inaspettato: una sorta di comparatore magazziniere che riorganizza i ricordi e opera confronti per integrare le nuove esperienze con quelle già immagazzinate permettendo così di sminuire l'impatto emotivo di ricordi spiacevoli che vengono allontanati dalla nostra coscienza perchè ritenuti tutt'altro che utili. In questa nuova visione, confermata da numerosi studiosi, possiamo quindi considerare l'attività onirica come un inaspettato alleato per la resa felice del nostro sonno e per la valorizzazione di certi momenti piuttosto che altri: unico! Quasi come se il cervello stesso acquisisca coscienza, garantendo al soggetto di limitare ciò che lo ha destabilizzato in maniera più grave.
Il secondo studioso che prendiamo in considerazione è un neurofisiologo e poeta inglese che, sfruttando alcune idee freudiane, dimostra la bizzaria del sogno a livello del subconscio: spesso nel momento in cui ciò che abbiamo
mantenuto nascosto viene liberato, tramite uno spostamento del nostro livello
di censura, si creano contenuti bizzarri; il livello di censura dipende da una
serie di condizionamenti precedenti tra cui l'educazione, le esperienze fatte, tutto
quello ha contribuito a caratterizzare la nostra persona, il modo di vedere le
cose che ci circondano, di dare giudizi...Nel sonno i contenuti passano
tramite il livello di censura e vengono rielaborati in modo bizzarro.
Come valutare quindi definitivamente il sogno? Mera funzione della mente che permette all'incoscio di manifestarsi, particolare attività fisica di derivazione elettrochimica, intensa desincronizzazione elettroencefalografica notturna per attivazione di più aree cerebrali...Ognuno scelga la definizione che più gli aggrada. Personalmente, dopo l'analisi sia scientifica che psicologica dell'attività onirica, non posso che essere sempre più affascinato di come il nostro cervello si adoperi in modo più o meno consapevole per permetterci di assaporare diverse sfaccettature della nostra esistenza. Certo è vero che un monito è d'obbligo: non perdersi nella vasta e talvolta soddisfacente bellezza onirica. Ricordarsi di vivere non penso sia un motto così scontato soprattuto oggi, in cui le difficoltà da vivere durante le giornate sono sempre più numerose e davvero difficili da superare con coraggio. Rifugiarsi in un mondo indistinto e sfocato, come quello onirico, non può garantire sistematicamente la possibilità di apprezzare ciò che ci circonda, anche se questa talvolta è sepolta sotto una coltre di ardue fatiche. In questo contesto, in cui si valorizza il sogno senza però rischiare di perdere la bussola del nostro essere, non posso non citare il film Inception (2010). E' d'obbligo, per chi non l'ha visto ed è rimasto affascinato anche solo in parte di questa piccola discussione onirica, gustarsi appieno il tentativo ben riuscito del regista di rappresentare la complessa bellezza del mondo dei sogni.
Forti della necessità morale di non permettere al nostro subconscio di prevalere sul nostro io quotidiano, ma consapevoli della volontà di gustarsi appieno le grandiose architetture oniriche, rimaniamo ancora una volta sorprendentemente affascinati della misteriosa complessità del nostro cervello.
Un sogno
In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno,
da sveglio, di vita
e di luce
m' ha lasciato col cuore implacato.
Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno
per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d' intorno con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?
Quel sogno beato - quel sogno beato,
mentre il mondo intero m' era avverso,
m' ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.
E benché quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano -
che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?
Edgar Allan Poe (1849)
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