domenica 17 novembre 2019

Le grandi cose sono spesso più facili di quanto si pensi. (Voltaire)

Se facessi un sondaggio in una qualsiasi popolazione, sono certo che alla domanda 'come vi immaginate la chirurgia?' una buona parte risponderebbe convinto raccontandomi le gesta dei Derek Sheperd e Meredith Grey del caso, sottolineando come in ambito chirurgico si svolgano solo ed esclusivamente formidabili interventi, sempre identificabili all'interno degli annali di storia della chirurgia, pronti a rimodellare il significato stesso della professione. 
Forse sarebbe la carta vincente da utilizzare ad un evento promozionale.
Una fetta altrettanto numerosa rappresenterebbe l'ala degli scettici, di chi vede nella chirurgia una pratica monotona e barbara.
E quindi partirebbe uno scontro infinito.

Ma non siamo qui per questo. 

Siamo qui per mettere a nudo il puro significato della chirurgia, in particolare della neurochirurgia, forse la più nobile tra tutte (chiedo venia a tutte le Cristina Yang che credono che tale primato spetti alla cardiochirurgia) che nella sua aura di mistica complessità, è talvolta lineare nel trattamento e nella risoluzione di patologie. 
Come quella volta con l'ascesso cerebrale. 
Quella volta che in una routinaria domenica d'ottobre, in PS arrivò un paziente che era stato operato per asportazione di meningioma l'agosto precedente. Lamentava saltuarie crisi motorie parziali all'emisoma sinistro, senza l'associazione ad alti segni/sintomi neurologici. Negava inoltre storia di traumi, i suoi parametri vitali erano nella norma inclusa la temperatura corporea.
Ancora mi ricordo lo sguardo dello strutturato che stavo seguendo, lo sguardo di chi ne ha visti a centinaia di casi simili, lo sguardo di chi sa che un tumore non si riforma in tempi così brevi e che quindi può escluderlo rapidamente dalla diagnosi differenziale, lo sguardo di chi conosce a occhi chiusi l'algoritmo decisionale in situazioni del genere.
Per cui, pronti e via! 
Bando alle ciance: mentre si prende visione degli esami ematochimici in cui si evince un importante leucocitosi e una PCR alle stelle (segni di un processo infiammatorio in atto), ma ancora senza temperatura, il paziente viene inviato a fare una TC encefalo, ormai indispensabile nella medicina moderna per poter aver la certezza di riconoscere e localizzare la lesione da trattare. 
Ed eccolo lì: un incremento dell'edema della sostanza bianca parietale destra, in adiacenza alla pregressa cavità chirurgica, con lieve shift verso sinistra del setto pellucido e impregnazione contrastografica della cavità chirurgica, in prima ipotesi di significato flogistico. 
Banale potrete dire voi, grazie a Dio può dire il paziente! 
La causa del disturbo motorio che caratterizzava le sue giornate era la presenza di quello che sembrava un ascesso cerebrale, in prossimità della regione sede del meningioma asportato precedentemente.
Ottimo, direte voi, possiamo ricoverare con calma il paziente e sottoporlo all'intervento nei prossimi giorni, è anche domenica! Che fretta c'è?! La neurochirurgia è noiosa, dicono tanto che l'urgenza sia uno degli elementi caratterizzanti e poi, ricoverano e aspettano?

Calma calma, non scaldiamoci e facciamo un passo indietro.

Rileggiamo il referto della TC encefalo e guardiamo queste scansioni (recuperate da un caso simile, Cano Sierra et al. Teeth infettino may shunt through Fontan in high-altitude conditions. Ann Transl Med. 2018; 6)7):118)


Lo shift! Il vero nemico del neurochirurgo?
Si, un ascesso perde in partenza. E' un nemico piuttosto limitato da combattere e sconfiggere; però, come tutte le lesioni intracraniche ha nella sua faretra, una freccia piuttosto avvelenata: provocare un aumento della pressione endocranica. Il cranio non è come l'addome, è un contenitore incomprimibile, perciò quando una qualsiasi lesione espansiva si fa spazio all'interno della scatola cranica il rischio che eserciti un effetto massa, evidenziabile clinicamente con segni neurologici e all'imaging con uno shift (uno spostamento) delle strutture della linea mediana, è dietro l'angolo, proprio come nel nostro caso.
Per cui, non c'è un attimo da perdere! Si, non abbiamo ancora uno shift importante dal punto di vista dimensionale e non abbiamo ancora pupille miotiche. Giusto, ma non dobbiamo stare qui a aspettare che accada qualcosa di irrisolvibile! Ecco quindi che viene presa la decisione: non possiamo aspettare che la terapia antibiotica empirica contro gli ascessi cerebrali faccia effetto, dobbiamo portare il paziente in sala operatoria!
Seguo fremente lo strutturato fino a quelle quattro mura piastrellate, quello spazio in cui il tempo si ferma, e tutto va alla velocità impostata dai gesti fluidi e dinamici del chirurgo..

Ma torniamo a noi, al nostro paziente e al nostro ascesso.
Paziente sedato e intubato, è pronto per l'incisione!
E' supino con la spalla destra sollevata e il capo ruotato verso sinistra. Dopo accurata disinfezione cutanea con Betadine e anestesia locale, viene riaperta la cicatrice pronto-temporale destra, ricordo dell'asportazione di quel meningioma.
Ed eccolo lì, emergere già prepotentemente: dal margine della craniotomia si evidenza infatti fuoriuscita di materiale purulento. Viene perciò rimosso l'opercolo osseo che viene conservato in soluzione fisiologica e antibiotica (clindamicina). Prima di accedere al cervello tramite incisione durale, viene asportata la componente purulenta extradurale e inviata per esame colturale perché si possa impostare una terapia antibiotica mirata nel post-operatorio a seconda del germe responsabile. Anche la plastica durale inserita nel precedente intervento è completamente contaminata: asportata e anch'essa invita per indagini microbiologiche approfondite.

Respiro.
Un primo tempo è andato. Sgranchiamoci un attimo.
Non io, sono troppo impiantato a terra: ogni volta che si apre la dura e si scorgono le circonvoluzioni cerebrali mi paralizzo. Ma non per timore o che, perché è meraviglioso: avere presente gli occhi a cuore dei manga giapponesi? Uguale.

Torniamo al nostro intervento. Aperta la dura madre, si riconosce una reazione flogistico-infettiva a livello del pregresso focolaio chirurgico coinvolgente l'aracnoide, sovrastante il parenchima cerebrale adiacente. Perciò, tramite dissezione smussa si rimuove il tessuto infetto che viene inviato per l'esame colturale. Effettuati numerosi lavaggi con soluzione fisiologica anche nello spazio sottodurale, si verifica con ecografia intraoperatoria (se non ne avete mai sentito parlare, pazientate che vi racconterò in una prossima puntata) la regione che non mostra complicanze a livello della cavità chirurgica né presenza di ulteriori raccolte sospette.
Prima della chiusura e riapposizione dell'opercolo osseo, si può dimostrare una netta riduzione della tensione del parenchima cerebrale rispetto all'apertura, segno che le strutture cerebrali stanno riacquisendo la loro fisiologica posizione e il pericolo erniazione brain shift correlato è scampato!
Abbiamo vinto!

Ma la vera e definitiva vittoria, si ha al risveglio quando il paziente non mostra più nelle ore post-operatorie alcuna crisi motoria parziale.

E' così. Anche quello che poteva sembrare un banale intervento di routine si è trasformato nella risoluzione concreta ed effettiva del problema.
La neurochirurgia, spesso, garantisce questo.
Ed è forse questo che da qualche anno a questa parte mi entusiasma tanto: permettere in numerose occasioni di risolvere subito il problema senza aspettare, senza incrociare le dita che una terapia endovena funzioni.
E' questa una delle tante qualità di questa branca medica.
E poi, diciamocelo, se anche voi poteste vedere anche solo una circonvoluzione cerebrale dopo una craniotomia, non vorreste vedere altro.

Fidatevi di me.


lunedì 4 novembre 2019

Stupirsi rende la vita degna di essere vissuta. (O.Wilde)

Si pensa spesso che la medicina sia delineata da dogmi, verità imprescindibili dalle quali difficilmente si può trascendere.
Pensare quindi di prevaricare questi limiti può apparire strano.
Folle.
Geniale.

Forse una delle definizioni moderne di assioma in ambito medico è l'utilizzo dell'anestesia in qualsiasi intervento chirurgico, che permette al chirurgo di agire in completa sicurezza e altrettanta libertà di movimento, mentre il collega anestesista si preoccupa del mantenimento dei parametri vitali.

Ma se vi dicessi che questa realtà indiscutibile è assolutamente reversibile?!

E' passato del tempo da quando ne ho avuto la prova.
Ma ancora oggi, mentre ripercorro con la mente quel giorno, mentre ne scrivo, è un turbinio di emozioni: pelle d'oca, batticuore, qualcosa d'indescrivibile.

Sto parlando della magia (si ragazzi, è proprio una vera e proprio magia!) dell'awake surgery.
Si tratta di un approccio chirurgico che si pone come valida alternativa nel trattamento di tumori cerebrali, soprattutto per quelli a basso grado: in questa situazione la notevole differenza rispetto all'usuale tecnica è che il paziente viene svegliato durante l'esecuzione dell'intervento stesso.

No, non ho sbagliato a scrivere: viene SVEGLIATO!
La prima volta che me ne hanno parlato pensavo mi stessero prendendo in giro!
E invece no.

Fantascientifico ma altrettanto reale.

Scansione di RM, rappresentante un caso analogo pubblicato
su Journal of Neurosurgery (Sollmann, N. et al, 118 - 2013). 
L'indicazione per l'effettuazione di tale intervento è che la lesione vada a coinvolgere aree definite eloquenti, ossia deputate al controllo di importanti funzioni come il movimento volontario e la produzione/comprensione del linguaggio. 
L'obiettivo, essendo spesso una lesione a basso grado, è proprio quello di massimizzare l'asportazione, cercando di estirpare tutta la massa senza ovviamente lasciare reliquati o deficit neurologici al paziente. Non si configura perciò come nelle lesioni a alto grado che, con l'approccio della gross total resection, richiedono un'asportazione il più ampia possibile per rallentare l'evoluzione della malattia.

La localizzazione però è spesso insidiosa, come nel caso che vi riporto: un uomo con lesione in sede fronto-opercolare sinistra con evidente coinvolgimento delle aree del linguaggio.
Ecco quindi che l'approccio awake è inevitabile per garantire un miglior risultato chirurgico.

La sala quel giorno era stracolma.
Saettavano occhi carichi di ansia mista a trepidazione, a testimonianza della consapevolezza che stava per accadere qualcosa di unico.
Infermieri fibrillanti per la nuova disposizione dei vari strumenti.
Neuropsicologhe pronte a testare intraoperatoriarmente la persistenza delle funzionalità neurologiche di base.
Anestesisti più preoccupati che emozionati, perché se 'se non si sveglia prontamente è colpa mia!'
Chirurghi carichi come non mai, pronti a dare uno spettacolo memorabile.

Tutto pronto. Tutti ai blocchi di partenza. Via!

Il paziente è completamente sedato, intubato.
Con abilità forgiata dall'esperienza,  i chirurghi operatori cominciano a incidere la cute, dopo aver identificato con precisione la sede del tumore grazie all'ausilio del neuronavigatore, e arrivano rapidamente alla superficie ossea del cranio.
Mano al craniotomo e in men che non si dica, è già stato messo a nudo il cervello rivestito dalla sola dura madre.

A questo punto, si erge imperiosa la voce dell'operatore che con un emozionato 'sveglialo!', avvisa l'anestesista che deve ridurre progressivamente la profondità dell'anestesia per riportare il paziente a uno stato di coscienza basale.

'Bentornato!'

Chi? Cosa?

Farfugliamenti incomprensibili.

'Non ti muovere Giacomino (sarà il nome fittizio del pz), ricordati che sei in sala operatoria e sta andando tutto bene.'
Borbottii.

Cioè volete dirmi che l'anestesista sta parlando col paziente e lui risponde?!?!
Impossibile.
Eppure..

Mi allontano dalla mia postazione (ragazzi, questa volta è stato davvero difficile trovare il mio angolino senza disturbare nessuno!) e con estrema cautela mi avvicino al letto operatorio.
Potete immaginare la mia sorpresa nel constatare che il nostro buon Giacomino aveva gli occhi aperti, rispondeva a semplici domande pre-impostate dalle psicologhe, mentre dietro di lui i chirurghi si davano da fare per riconoscere i confini della lesione espansiva da asportare senza intaccare le porzioni adibite al linguaggio, attraverso stimolazioni ad hoc.

'Forza, cosa c'è su questa carta?'
'Cane'
'Bene, qui?'
'Cusciafssjkcn'

Panico! Doveva essere un cuscino, non un neologismo!
Due secondi di pausa!
Tutti un bel respiro!

Significa che durante l'esecuzione dell'intervento si è andati in strettissima prossimità (si, parliamo di millimetri) di una porzione della circonvoluzione frontale inferiore deputata alla produzione del linguaggio. Perciò, con calma risolutiva, il chirurgo, mentre si continua a stimolare il paziente, circumnaviga tale porzione e prosegue imperterrito nell'intervento, che continuerà fino al termine senza alcuna battuta d'arresto.

Amazement awaits us at every corner
(J. Broughton)
Meno male avevo la mascherina: perché penso di essere rimasto letteralmente a bocca aperta.
Ancora una volta.
Non riuscivo a capacitarmi di come potesse essere accaduto!
Ok, il cervello non ha recettori del dolore come invece ne è estremamente provvista la cute, i muscoli e il cranio; per cui escludiamo la dimensione nocicettiva.
Però stavo veramente assistendo a qualcosa di estremamente unico nel suo genere.
Fermatevi due secondi e ragionate.



Avere modo di accedere alle aree più profonde del cervello, il prezioso caveau del nostro essere, con un notevole salvagente che si traduce nello svegliare il paziente che, consapevole di quello che sta accadendo, sarà la vostra guida, il vostro tom-tom!?

Se ancora ci penso ora, a distanza di mesi, in realtà sorrido (il brividino lungo la schiena rimane eh).
Sorrido perché avere la fortuna di individuare un qualcosa che permetta di stimolarti, di fissare ulteriormente il percorso che vorresti intraprendere, di stabilizzarti sui mille pensieri che ora come non mai attraversano con violenza e senza riguardo la tua quotidianità, di rinnovare in te quello stupore così genuino, non è scontato.
E quindi si, la strada è lunghissima. Ma chissà se prima o poi avrò la fortuna di urlare anche io quel 'sveglialo' e allora mi ricorderò del buon Giacomino, e di come anche in una sala operatoria si può rinnovare una certa magia.
Diamo tempo al tempo.

Intanto sorrido, che male non fa.
No tranquilli, non è una crisi gelastica.


P.S: se non fossi stato sufficientemente chiaro, basta andare su YouTube e cercare awake surgery.
E nulla, lasciatevi meravigliare.